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I giornali vengono da lontano ma non appartengono al passato. Vinceranno la sfida se riusciranno a coniugare rete e carta, a integrare le redazioni, a rinnovare e modulare i linguaggi, ad aprirsi al dialogo interattivo, come ha testimoniato la bella inchiesta di Giulia Crivelli (Sole-24 Ore del 4, 13 e 21 marzo). Ma al centro dell'informazione rimarrà sempre e soltanto la qualità e la credibilità di notizie e commenti.
Dino Buzzati quando arrivò al Vajont, nell'ottobre del '61, poche ore dopo il disastro non aveva alcun strumento della moderna multimedialità. Lui che disegnava e sceneggiava sogni, lui che immaginò una serata alla Scala negli anni Sessanta con avveniristici telefonini che disturbavano l'opera. Aveva solo la forza della sua personalità di scrittore e giornalista. Unica. Scrisse sul Corriere della Sera: «Un sasso è caduto in un bicchiere colmo d'acqua e l'acqua è traboccata sulla tovaglia. Tutto qui. Solo che il bicchiere era alto centinaia di metri e il sasso era grande come una montagna e di sotto, sulla tovaglia, stavano, migliaia di creature umane...». Un video in diretta non avrebbe potuto trasmettere un'emozione più grande.
Qualche anno prima, nel luglio del '50, un altro grande scrittore e giornalista, Tommaso Besozzi, svelò sull'Europeo, i retroscena della cattura e dell'uccisione del bandito Giuliano (Di sicuro c'è solo che è morto). La verità non si mostra alle telecamere, non è leggibile sempre su una traccia telematica. Va cercata. Con intelligenza e onestà. I giornali non sono scarpe, diceva Besozzi. Neanche il web è una scarpa.
(f.d.b.)
ferruccio.debortoli@ilsole24ore.com